Luca Parmitano racconta la sua strepitosa esperienza nello spazio
«Immagina
di avere un sogno grandissimo e, da grande, realizzarlo. Non ricordi una sola
emozione, ma ogni singolo istante»: queste le prime parole di Luca Parmitano
all’apertura della conferenza che lo ha visto protagonista a Dalmine(BG) lo
scorso Sabato 18 ottobre.
Dopo
due anni di intenso addestramento e accurati preparativi, il 29 maggio 2013,
Luca Parmitano è partito per lo spazio insieme al comandante russo Fyodor
Yurchikhin e all'astronauta della NASA Karen Nyberg. Ha trascorso 166 giorni
sulla navicella spaziale portando a termine oltre 20 esperimenti e prendendo
parte a due attività extra veicolari e all'attracco di quattro navette. È stato l’unico astronauta italiano ad effettuare
queste attività portando la bandiera tricolore all'esterno della Stazione
Spaziale Internazionale. A Luglio è stato nominato ambasciatore del Semestre di
Presidenza Italiana del Consiglio Ue.
Da alcuni definito un super uomo, da altri iron man,
Luca Parmitano con semplicità e ironia, ha saputo raccontare la sua esperienza
nello spazio senza tralasciare alcun dettaglio. «Dal momento del decollo fino
all’attracco – commenta l’astronauta italiano - è stata una concentrazione di
emozioni indescrivibili. Una volta raggiunta la base spaziale ci siamo guardati
in faccia, abbiamo sorriso e ci siamo abbracciati. Vivere nello spazio per 6
mesi è una grande sfida. Il corpo impiega circa 2 settimane ad abituarsi e bisogna
tenersi in costante allenamento, almeno 2h al giorno, per evitare che la
densità ossea si riduca provocando gli effetti di una osteoporosi accelerata.
Anche il flusso sanguigno subisce delle modificazioni e tende a riversarsi
maggiormente verso la parte superiore del corpo, provocando nella maggior parte
dei casi una riduzione della vista per un eccessivo irroramento di sangue del
bulbo oculare. Inoltre, la colonna vertebrale, non essendo sottoposta ad alcuna
forza, tende ad allungarsi, rendendoci più alti di qualche cm. Una volta
tornati sulla terra, le conseguenze di questi mutamenti corporei si risentono e
ci vuole qualche mese per tornare nella forma precedente alla partenza».
Non sono mancate le domande dei bambini più curiosi,
che non hanno potuto fare a meno di chiedere in chi modo un astronauta si ciba,
dorme e fa i suoi bisogni. «Personalmente – racconta Parmitano – mi sono fatto
preparare una scorta di cibo da uno chef italiano comprendente: lasagne, riso
al pesto, parmigiana di melanzane e tiramisù. Il cibo viene impacchettato e
necessita di essere reidratato prima di essere mangiato. Per dormire, invece,
nella base spaziale è presente una cuccetta dalle dimensioni di una cabina
telefonica, all’interno di essa, attaccato alle pareti, c’è un sacco a pelo …
quello è il nostro letto». Strappando qualche sorriso alla platea, l’astronauta
italiano ha poi spiegato come si fanno i propri bisogni nello spazio: «si fa
tutto all’interno di un sacchetto automatico che viene aspirato all’interno di
un secchiello di metallo. Una volta pieno, viene accantonato insieme ad altri
rifiuti tossici in un’apposita navetta che al rientro viene sganciata,
disintegrandosi. Per quanto riguarda l’urina, invece, questa viene filtrata e
ritrasformata in acqua dopo una serie di accurati procedimenti di
distillazione».
Devo ammettere che tra tutte le conferenze ascoltate
in questi anni, questa è stata quella che più mi ha affascinato. E diciamolo...
molto probabilmente se avessi avuto la possibilità di incontrare una persona
del genere da bambino e mi avessero chiesto che cosa avrei voluto fare da grande,
anche io avrei risposto: «da grande voglio fare l'astronauta!»
Giancarlo Capriglia